Graduatorie: la bozza per le supplenze allarma i precari

graduatorieÈ soltanto una bozza, dunque passibile di modifica, eppure le novità che potrebbero essere introdotte con il nuovo decreto pensato dal Ministero dell’Istruzione fanno già ampiamente discutere. Stavolta, al centro della polemica ci sono le graduatorie relative alle supplenze che rischiano di stravolgere criteri e sistema già dal prossimo anno scolastico e senza preavviso alcuno. Ma proviamo a fare chiarezza.

Nei giorni scorsi, i documenti in attesa del parere del CSPI sono stati mostrati in anteprima ai sindacati in un confronto che si è presto acceso senza, tuttavia, far sperare in una risoluzione che soddisfi le parti. Soprattutto quella potenzialmente lesa. Stando a quanto si apprende, infatti, una vera rivoluzione sta per investire il sistema di reclutamento, anche per il conferimento degli incarichi a tempo determinato. Le indiscrezioni raccontano dell’introduzione, per il biennio 2020/2021-2021/2022, di una graduatoria provinciale per le supplenze (GPS) e dell’aggiornamento delle graduatorie di istituto su posto comune e di sostegno per infanzia, primaria e secondaria di I e II grado.

Ogni anno, dopo le immissioni in ruolo, si provvederà alla stipula di contratti a tempo determinato per le supplenze annuali, le supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche e le supplenze brevi. Le GPS saranno utilizzate per l’attribuzione al 31 agosto o 30 giugno, dopo lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento da parte degli Uffici Scolastici, e saranno divise in due fasce.

Infanzia e primaria:

prima fascia

  • docenti in possesso del titolo di abilitazione;

seconda fascia

  • studenti che nel 2020/2021 si iscrivono al terzo/quarto/quinto anno del corso di laurea in Scienze della formazione primaria con 150/200/250 CFU al momento della presentazione dell’istanza.

Secondaria I e II grado:

prima fascia

  • docenti in possesso del titolo di abilitazione;

seconda fascia

  • detentori di laurea + 24 CFU in di in discipline psicopedagogiche e metodologie didattiche;
  • abilitazione per altra classe di concorso o altro grado;
  • precedente inserimento nella terza fascia di istituto per il triennio 2017/2020 per la specifica classe di concorso.

Sostegno:

prima fascia

  • docenti in possesso del relativo titolo di specializzazione;

seconda fascia

  • docenti privi del relativo titolo di specializzazione ma con tre anni di servizio su posto di sostegno del relativo grado e in possesso di abilitazione o titolo di studio previsto per l’accesso alle graduatorie provinciali.

ITP: 

  • precedente inserimento nelle graduatorie di istituto valide per il triennio 2017/20 per la specifica classe di concorso;
  • diploma + 24 CFU in discipline psicopedagogiche e metodologie didattiche;
  • abilitazione per altra classe di concorso o altro grado di istruzione.

A tal proposito, fa molto rumore l’obbligo dei crediti formativi universitari che contrasta apertamente con i bandi di concorso voluti dallo stesso Ministro. Per questi, infatti, i CFU non sono richiesti almeno fino all’a.s.2024/2025. Dunque, i diplomati ITP possono entrare in ruolo con il solo diploma ma non fare supplenza, un’incongruenza che ha scosso sindacati e diretti interessati, ora sprovvisti dei necessari requisiti, soprattutto alla luce delle difficoltà di reperibilità di tali crediti – con l’accesso a corsi e master solitamente post-laurea – all’alba delle tempistiche strettissime nelle quali potranno presentare domanda.

La finestra prevista, infatti, dovrebbe essere di appena 15 giorni (estendibili a 20), con il rischio di ingorgo su Istanze OnLine, la sezione dedicata sul sito del MIUR che si prospetta presa d’assalto da un numero considerevole di utenti.

Per la prima volta, infatti, la domanda sarà presentata telematicamente, al pari di quelle per i concorsi ordinari e straordinari, generando un sovraffollamento delle piattaforme già lamentato dai sindacati che invitano il Ministero a maggiore ragionevolezza. Un lasso temporale così breve, inoltre, rischia di scontrarsi con l’impossibilità di regolarizzare le istanze in caso di errori, finendo per invalidarne alcune. Tra l’altro, l’informatizzazione del sistema richiede la presentazione ex novo di tutta la documentazione relativa ai servizi svolti. Per l’ennesima volta e in appena due settimane. Insomma, il pericolo ricorsi non sembra così lontano.

Anche la scelta della scuola avverrà online. Gli aspiranti potranno scegliere fino a un massimo di venti istituzioni scolastiche per coprire le supplenze brevi e saltuarie, quelle che servono per sostituire i docenti in malattia, gravidanza o aspettativa. Il contratto per supplenza temporanea può avere come durata massima fino all’ultimo giorno di lezione, che varia di regione in regione. Inoltre, i docenti potranno presentare domanda in una sola provincia (previa l’esclusione) per una o più graduatorie.

Le graduatorie di istituto saranno ancora costituite da prima, seconda e terza fascia e resteranno di competenza dei Dirigenti Scolastici che le utilizzeranno unicamente per le supplenze temporanee:

prima fascia

  • docenti abilitati inseriti in GaE. Corrisponde a quella già vigente per il triennio 2019/2022;

seconda fascia

  • aspiranti presenti in GPS di prima fascia (abilitati ma non inseriti in GaE) che scelgono, nella stessa provincia, fino a venti scuole;

terza fascia

  • aspiranti presenti in GPS di seconda fascia (non abilitati) che scelgono fino a venti scuole nella stessa provincia.

I punteggi e le posizioni spettanti nelle graduatorie di seconda e terza fascia saranno determinati sulla base dei dati presentati per l’iscrizione in GPS.

Tuttavia, ciò che più ha scosso aspiranti e sindacati riguarda le probabili nuove tabelle relative ai titoli richiesti. Come si accennava, infatti, anche queste subiranno – o dovrebbero subire – numerosi mutamenti. La lunga preparazione alle graduatorie rischia, dunque, di risultare inutile o inefficiente. Se finora i docenti hanno avuto come unico punto di riferimento le tabelle del 2017 su cui hanno tentato di modulare la propria posizione, adesso la precarietà pare farsi più concreta. È pericoloso – e scorretto –, infatti, pensare di proporre una valutazione completamente diversa in concomitanza, o quasi, della pubblicazione della domanda stessa, finendo con il fare una selezione non così ponderata quanto, stando ai tempi stretti, casuale tra coloro che si rivelano detentori dei titoli. Di seguito, alcune probabili modifiche:

  • valutazione master da 3 a 0.5 punti;
  • valutazione certificazioni informatiche 0.5 punti (max 2 punti);
  • valutazione abilitazione scientifica nazionale e professionale di prima e seconda fascia;
  • 12 punti per l’inserimento nelle graduatorie nazionali AFAM;
  • valutazione titolo di sostegno equivalente a 6 punti;
  • valutazione italiano come L2 pari a 3 punti;
  • sottrazione di 6 punti al diploma magistrale.

Per la prima fascia relativa a infanzia e primaria, inoltre, il titolo di abilitazione vale da 4 a 12 punti, in base al voto con cui è stato conseguito che va rapportato a 100. Alla laurea in Scienze della formazione primaria vengono poi attribuiti ulteriori

  • 60 punti per la quadriennale;
  • 72 punti per la quinquennale.

In particolare, lasciano perplessi le possibili novità inerenti i master e le certificazioni informatiche: i primi praticamente sviliti, le seconde parificate in modo generico e senza alcuna particolare richiesta. Stando alle vecchie griglie, infatti, ogni titolo andava dettagliatamente descritto, in termini di durata, di ente di rilascio e di valore singolo. Oggi, invece, potrebbe esserci un indefinito e inaffidabile 0.50. È davvero questa la rivoluzione di cui ha bisogno la scuola? Sono queste le modifiche necessarie? Stando agli addetti ai lavori sicuramente no.

Come nel caso dell’obbligo di livello b2 di conoscenza della lingua inglese previsto nei concorsi ordinari e straordinari banditi di recente, anche stavolta il Ministero guidato da Azzolina sembra non avere ben chiara qual è la realtà scolastica, quali le sue necessità e quelle di chi aspira all’insegnamento. Pensare a una rivoluzione senza conoscere, confrontarsi, ascoltare chi ne subisce le conseguenze non può che far male al sistema di istruzione e al Paese tutto, sempre più lontano da una politica che poco o nulla fa per avvicinarvisi. In merito alle bozze i sindacati si sono espressi, adesso tocca al CSPI, poi alla Corte dei Conti. Nella speranza che qualcuno, tra questi organi, dia voce ai precari di oggi, probabili insegnanti di quelli di domani.

 

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