Ritorno in classe: Bianchi è sicuro, il Covid e i presidi un po’ meno

quarantena - ritorno in classeCi risiamo. È trascorso appena un anno da quando, in Italia, sono iniziate le prime somministrazioni del siero anti-Covid. Eppure, a vacanze natalizie ancora in corso, il fantasma della didattica a distanza ha ricominciato ad aleggiare sulle teste di alunni e docenti di tutto lo Stivale.

Così, prevista come ogni anno subito dopo l’Epifania, la riapertura delle scuole si presenta nuovamente in dubbio. I numeri relativi ai contagi da Covid-19 sono mostruosamente alti, come mai nel nostro Paese, e le prossime settimane non sembrano promettere nulla di buono. La curva e gli esperti parlano, infatti, di un aumento destinato a farsi ancora più impetuoso. Di conseguenza, la certezza di riprendere le lezioni in presenza comincia a vacillare, nonostante le rassicurazioni che da viale Trastevere si seguono copiose.

Per il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, la situazione è costantemente monitorata, con la scuola che – a suo avviso – è il luogo più controllato e, dunque, sicuro. Per gli addetti ai lavori, però, la storia ha già preso pieghe meno confortanti. Ad ascoltare le testimonianze, a leggerne le esperienze, a scuola non sta andando tutto bene, nonostante il grande senso di responsabilità di quei tantissimi dipendenti che – ancor prima dell’obbligo vaccinale – si sono volontariamente sottoposti alle somministrazioni al fine di tutelare se stessi e gli altri. E – anche questo va detto – nonostante la responsabilità di quei tanti ragazzi che, come i loro docenti, hanno scelto di vaccinarsi.

D’altro canto, come denunciamo spesso, la scuola italiana è da troppi anni abbandonata al proprio destino, sempre al centro di un dibattito che a pochi interessa affrontare realmente al fine di colmare lacune profonde e pericolose. Proprio in questi mesi, lo hanno dimostrato le tante parti in causa susseguitesi sulla scena a suon di proclami rivelatisi, poi, soltanto tali, mere enunciazioni di un rinnovamento che non è mai avvenuto. Ecco che, allora, nonostante tutti gli sforzi, si rischia di relegare nuovamente studenti e docenti alle scrivanie delle proprie case, a tablet e computer al posto della più classica delle lavagne, al rapporto umano filtrato da algoritmi che poco o nulla capiscono di chi siamo e dell’importanza del sapere.

Ecco che, allora, nella fattispecie pandemica, la scuola può rivelarsi – ancora – un anello debole, con gli italiani che vanno allo stadio ma non hanno diritto allo studio, al lavoro, allo stare insieme, in comunità. Tutto in nome di un’economia che tutela pochi, non garantisce nessuno (se non quei pochi) e annichilisce tutti (gli altri). Basti pensare proprio a questi ultimi giorni, quelli che hanno visto – e vedono – assembramenti nei negozi, nelle strade, nei locali, sui mezzi pubblici. Gli stessi mezzi mai potenziati per impedire la calca e, a proposito, assicurare una maggiore sicurezza alla popolazione scolastica al fine di tutelare la didattica in presenza.

Il tracciamento tanto decantato non è mai stato effettuato, lo screening promesso soltanto una chimera, le classi pollaio riconfermate anche quest’anno. Il Ministro Bianchi, però, continua a insistere: «Per tre settimane i nostri bambini e i nostri ragazzi sono fuori dalle scuole, per questo abbiamo investito insieme con il generale Figliolo per potenziare il tracciamento ed essere sicuri al ritorno», ha dichiarato a Sky TG24. Eppure, questa frase su investimenti e potenziamenti, si ripete in continuazione, come un mantra a cui nessuno crede più.

Intanto, secondo quanto segnalato da alcuni, bisognerà attendere la prossima settimana per capirne qualcosina in più. Se i dati saranno ancora in aumento – e il se sembra superfluo – non è escluso che misure di restringimento vengano prese, anche tra i banchi di scuola.

Per ora, sappiamo che gli studenti dovranno rientrare muniti delle classiche mascherine chirurgiche. FFP2 o FFP3 obbligatorie, invece, per il personale dove ci sono alunni esentati dall’utilizzo delle mascherine. Queste ultime verranno fornite dal commissario per l’emergenza, così come stabilito dal decreto legge del 24 dicembre, al personale preposto alle attività scolastiche e didattiche nei servizi educativi per l’infanzia, nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole di ogni ordine e grado, dove sono presenti bambini e alunni esonerati dall’obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie. I sindacati, invece, chiedono che siano distribuite indistintamente a tutti i docenti.

Lo stesso decreto prevede uno stanziamento di 9 milioni di euro – quelli cui fa riferimento Bianchi quando parla di investimenti – per una maggiore attenzione allo screening a cui collaborerà il Ministero della Difesa. Prorogato, inoltre, lo stato di emergenza al 31 marzo e la scuola in presenza fino a medesima data, situazione epidemiologica permettendo.

A tal fine, sono confermate, in tutte le istituzioni del sistema nazionale di istruzione e nelle università, le seguenti misure minime di sicurezza:

  • mascherine;
  • 1 metro di distanza, raccomandato salvo che le condizioni strutturali-logistiche degli edifici non lo consentano (praticamente ovunque);
  • ingresso vietato ai soggetti con sintomatologia respiratoria o temperatura corporea superiore a 37.5°.

Al ritorno in classe, in presenza, però, non credono molto i presidi, con le segreterie che nelle ultime ore si sono scoperte subissate da mail di casi di alunni, familiari, docenti e personale ATA infetti da Covid. Patrizio Bianchi, però, ribatte: «Tutti gli studenti torneranno in classe. Se si riscontreranno dei focolai, saranno i Presidenti delle Regioni e i Sindaci a decidere se chiudere o no l’istituto dove è scoppiato il cluster. Saranno condizioni straordinariamente rilevanti ma isolate».

Con due milioni e mezzo di persone in isolamento – al momento in cui scriviamo – qualche dubbio sorge anche a noi. Soprattutto, guardando all’incidenza, tra le mura scolastiche, molto più elevata rispetto al resto della popolazione.

Un parere è stato chiesto anche al CTS, chiamato a rispondere nelle ultime ore. Nel frattempo, la scuola come luogo più controllato suona più come un azzardo. Ma speriamo di sbagliare.

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