Concorsi: polemiche anche per i docenti di religione

religioneNon c’è pace per il Ministro Azzolina. Nemmeno adesso che ha annunciato un nuovo concorso per i docenti di religione. Ci sono volute appena poche ore, infatti, per dare vita a un’altra polemica, a uno scontro che, stavolta, sembra non risparmiare nessuno: dai precari al governo, passando addirittura per la CEI, già firmataria dell’accordo per mano del suo presidente, il cardinale Gualtiero Bassetti.

La selezione, che si terrà entro il 2021, a circa diciassette anni dalla prima – e unica – procedura concorsuale ordinaria datata febbraio 2004 per volere dell’allora Ministro Mariastella Gelmini, mira a ricoprire i posti che risulteranno vacanti già nel prossimo triennio e risponde all’accordo di revisione del Concordato Lateranense stipulato tra la Repubblica italiana e la Santa Sede il 18 febbraio 1984. Il bando non ha ancora visto la luce, ma le regole sono già piuttosto definite: tra i requisiti di partecipazione, ad esempio, è prevista la certificazione dell’idoneità diocesana rilasciata dal responsabile dell’ufficio diocesano competente nei novanta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda. I posti messi a bando nella singola regione, inoltre, sono per il personale docente di religione cattolica, in possesso del riconoscimento di idoneità, che abbiano svolto almeno tre anni di servizio, anche non consecutivi, nelle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, vale a dire sia statali che paritarie.

Dopo quasi vent’anni, dunque, pur essendo ampiamente atteso, il provvedimento non ha accolto il favore di tutte le parti in causa, scatenando l’ira di molti interessati e l’intervento delle principali sigle sindacali che da giorni chiedono un incontro urgente al MIUR affinché venga fornita un’informativa preventiva in merito all’intesa firmata lo scorso 14 dicembre e allo stato di avanzamento della procedura di indizione del bando di concorso. Come se non bastasse, stavolta lo scontro non riguarda soltanto precari e Azzolina, bensì – ed è una notizia – anche insegnanti e vescovi e vescovi e CEI, non tutti soddisfatti dell’accordo siglato tra il presidente della Comunità Episcopale Italiana e l’inquilina di Viale Trastevere.

Molti docenti in attesa di smettere il precariato da anni, infatti, contestano che, a differenza dei loro colleghi non insegnanti di religione e nell’ambito di una procedura concorsuale vera, è stata riservata loro soltanto una quota di posti – pare intorno a un massimo del 50% – sebbene, per essere abilitati all’insegnamento della religione cattolica, essi abbiano già dovuto superare una severa selezione. In quel caso, stando al concordato di cui sopra, essa era stata affidata agli organi ecclesiastici pur restando comunque sotto il controllo statale, lì dove si sarebbe rivelata necessaria la revoca dell’abilitazione. Gli aspiranti chiedono, quindi, di partecipare a un concorso non selettivo che, nei fatti, corrisponda più a un tutti dentro che a una qualche prova di tipo “competitivo”, anche per permettere agli esclusi del 2004 di poter, finalmente, assicurare la propria posizione. E, invece, pare proprio che non sarà così.

I trascorsi cui si rifanno risalgono al – decisamente fallimentare – modello Buona Scuola, vale a dire ad appena due anni fa, quando una simile possibilità fu concessa alle maestre sprovviste di laurea e ai professori già abilitati, grazie a un esame pro-forma superato, quindi, da tutti i partecipanti, senza esclusione alcuna. È proprio su quella falsa riga, in effetti, che nei mesi precedenti sindacati e aspiranti avevano chiesto che si svolgessero le procedure concorsuali pensate da Lucia Azzolina, proponendo in alternativa una selezione per titoli e servizio. Tuttavia – come ben sappiamo –, nonostante il caos pandemico e il rischio elevatissimo di contagio, il Ministro non si era mai detto favorevole, innescando polemiche e spaccature, persino all’interno della maggioranza. Il risultato – ed era scontato – è stata la sospensione delle prove a data da destinarsi causa COVID, addirittura compromettendo la validità dell’intera macchina organizzativa, costretta ora a riformularsi e a garantire una rinnovata serietà.

Anche stavolta, quindi, la titolare del MIUR ha perseguito la sua strada del rigore e, incurante degli immancabili mal di pancia che ne costellano il percorso, si è detta molto soddisfatta, ringraziando la CEI per la collaborazione: «Ha permesso di arrivare a un’intesa che va nella direzione di tutelare le aspirazioni degli insegnanti di religione cattolica che, anche in questo periodo così complesso, hanno lavorato alacremente, in sinergiaarmonia con tutto il personale scolastico, per garantire l’effettività del diritto allo studio delle nostre studentesse e dei nostri studenti. Insegnanti che, facendo valere competenze e merito con il concorso, potranno entrare in ruolo e proseguire il loro percorso professionale con maggiore stabilità». Altrettanto soddisfatto è il cardinale Bassetti: «Il prossimo concorso costituisce un passaggio importante non solo per la stabilizzazione professionale di tanti docenti, ma anche per la dignità dello stesso insegnamento, frequentato ancora da una larghissima maggioranza di studenti». Ciò che, però, nessuno dei due sottolinea – proprio nell’ottica di tutela cui fanno riferimento –, è che rispetto alla media nazionale di precariato degli insegnanti, che si attesta intorno al 25%, per i docenti di religione la percentuale va almeno raddoppiata per un totale di non meno di 7mila docenti con oltre venti o trenta anni di instabilità professionale. Numeri di non poco conto e che ora chiedono, appunto, di essere ascoltati.

Al momento, comunque, non sono ancora noti i criteri e i punteggi delle prove, nonché l’eventuale valutazione dei titoli. A tal proposito, bisognerà attendere il bando di concorso che, in base alla legge 159/2019, deve necessariamente essere ufficializzato entro i prossimi giorni. Non c’è pace, dunque, per il Ministro Azzolina e nemmeno per l’intero comparto scuola. Sempre così scollegati, incapaci di dialogare, forse stanchi l’una dell’altro e viceversa.

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